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Le ragazze di Italdonne sanno molto bene come si vince


"Non paragonateci ai maschi, per favore" esordisce sempre così Maria Cristina Tonna, responsabile del settore femminile della FIR. Il confronto però è quasi inevitabile e i numeri sconvolgenti. La Nazionale maschile di rugby ha totalizzato 22 sconfitte consecutive al Sei Nazioni e si ritrova al quattordicesimo posto in classifica nel ranking mondiale.

Italdonne, invece, nel ranking mondiale, è sesta davanti a colossi come Australia, Sudafrica, Galles, Irlanda, con una precisa identità di gioco, velocità, intuito e capacità di adattarsi all'avversario e poi sorprenderlo. Si perché il rugby non è solo questione di muscoli e forza bruta.

Il capitano della Nazionale femminile di rugby, Manuela Furlan, è una giovane lavoratrice e atleta: "Lavoro dal lunedì al venerdì, dalle 7.30 alle 17.30. Mi alleno in campo il martedì, mercoledì e venerdì. La domenica gioco. Sono un'atleta di interesse nazionale quindi, da qualche anno a questa parte, integro i miei allenamenti in campo con delle sedute di atletica e palestra: a volte le faccio prima dell'allenamento in campo, a volte nei giorni della settimana in cui non ho campo, alcune settimane tutti i giorni, altre volte la mattina prima di andare a lavoro, sempre se non sono molto stanca. Ci sono anche giornate in cui sono talmente sfinita che crollo sul divano! Lo faccio per pura passione, perché amo il mio sport perché in tanti anni in cui lo pratico mi ha dato tante emozioni, a volte dure ma tante altre molto belle" ha scritto non molto tempo fa sul suo profilo Facebook. E tutte le altre Azzurre di Italdonne sono come lei, lavoratrici o studentesse. Le stesse donne che a Padova hanno battuto la Francia davanti a 3.500 spettatori entusiasti.

In una recente intervista rilasciata alla Repubblica, l'head coach di Italdonne, Andrea di Giandomenico, racconta di come la scuola italiana di rugby femminile abbia fatto grandi passi in avanti negli ultimi anni, portando addirittura la Nazionale ovale femminile al secondo posto nell'ultimo Sei Nazioni di categoria.

"Abbiamo un nostro progetto di gioco" dice Di Giandomenico alla Repubblica. "Siamo consapevoli dei nostri limiti e delle nostre qualità: l'importante è sapere esattamente quello che dobbiamo fare in campo, riconoscersi nell'idea. Facendo attenzione ai minimi dettagli che sono una conseguenza della consapevolezza".

"Il livello si è alzato in maniera impressionante nelle ultime stagioni: oggi l'Inghilterra o la Francia femminili potrebbero tranquillamente competere -per precisione e competenza- con i maschi del Top12 italiano. Il rugby è lo stesso, cambia solo il contesto".

In questo momento, dal duemila sino ad oggi, il divario tra l'Italia e gli altri paesi ovali sembra essere aumentato. Tuttavia, bisogna guardare alle prestazioni, non ai risultati. Ci sono molte cose che funzionano: ad esempio, una squadra italiana capace di andare a Dublino e giocarsela alla pari con i campioni d'Europa e di ricevere in casa, una settimana dopo, il Munster e dominare per lunghi tratti della partita, infine raggiungendo poi per la prima volta nella storia del rugby italiano le fasi finali del torneo celtico Pro14, non è da poco, anzi ha l'effetto di un balsamo per tutti i tifosi. A livello giovanile, il sistema dei permit sta funzionando, la femminile vince: la scuola italiana c'è.

"Esiste una scuola italiana, è quella che da 10 anni porto avanti con il mio staff e che si basa sulla velocità, su una difesa in grado di anticipare le mosse avversarie, sull'imprevedibilità: è la lezione impartita prima da Villepreux e poi Coste, Mascioletti. Abbiamo una nostra identità e dobbiamo difenderla con orgoglio. Questo non significa ignorare i contributi stranieri. Ma puntiamo sulle specificità italiane prima di tutto".

"Io sono stato formato come allenatore, maschi o femmine non importa: il modo di relazionarmi è lo stesso. Forse il segreto è proprio quello: la sincerità. Quella che poi è la cosa che caratterizza le mie ragazze, sono vere e appassionate, unite. In campo hanno sempre avuto le idee chiare, hanno sempre usato la testa prima dei muscoli. Loro lo sanno come si vince".

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